Una delle opzioni possibili per la gestione dei rifiuti da demolizione è il recupero direttamente in cantiere di tali rifiuti, attraverso le attività di frantumazione e successivo reimpiego nel medesimo cantiere come sottofondi o altre destinazioni compatibili.
Questa circostanza può essere presente anche in un cantiere nel quale è previsto l’obbligo del rispetto del principio di “non arrecare danno significativo” e pertanto i rifiuti prodotti rientreranno nella contabilità richiesta da diverse Schede Tecniche, con la “semplificazione” che il recupero è certo perchè avviene direttamente in cantiere.
E’ bene tuttavia avere ben presente il contesto normativo per la corretta realizzazione di questo processo di recupero, per poter verificare che sia realizzato in conformità con la legislazione vigente e per conoscere quali aspetti debbono essere tenuti sotto controllo e che documentazione deve essere acquisita a riprova della corretta gestione.
Dal punto di vista normativo questa possibilità è normata all’interno del Decreto Legislativo n.152/2006, che prevede una specifica autorizzazione (art. 208, comma 15):
Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l’acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l’interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell’impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l’interessato, almeno venti giorni prima dell’installazione dell’impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l’autorizzazione di cui al comma 1 e l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, nonché l’ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l’attività con provvedi mento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell’ambiente o della salute pubblica.
In realtà l’autorizzazione è tipicamente gestita dalla Provincia, secondo quanto previsto dal “Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152″ contenuto nel decreto 27 settembre 2022 n. 152.
In estrema sintesi, le attività di demolizione producono comunque dei rifiuti, ma questi possono essere recuperati in cantiere con un impianto mobile di frantumazione e vaglio e cessare la qualifica di rifiuti, per poter essere reimpiegati nel cantiere stesso ovvero in altre circostanze. L’aggregato recuperato è utilizzabile esclusivamente per gli scopi specifici (elencati nell’Allegato 2 del decreto citato), ossia:
- la realizzazione del corpo dei rilevati di opere in terra dell’ingegneria civile;
- la realizzazione di sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali e di piazzali civili ed industriali;
- la realizzazione di strati di fondazione delle infrastrutture di trasporto e di piazzali civili ed industriali;
- la realizzazione di recuperi ambientali, riempimenti e colmate;
- la realizzazione di strati accessori aventi, a titolo esemplificativo, funzione anticapillare, antigelo, drenante;
- il confezionamento di calcestruzzi e miscele legate con leganti idraulici (quali, a titolo esemplificativo, misti cementati, miscele betonabili).
In capo al produttore del materiale edile recuperato, destinato alla produzione di aggregato recuperato, ci sono i seguenti obblighi da assolvere in conformità a quanto previsto dagli articoli 184-ter, comma 5, 188, comma 4, e 193 del dlgs n. 152/2006:
- attribuire i Codici dei rifiuti;
- indicare le caratteristiche di pericolo dei rifiuti;
- compilare il formulario di identificazione del rifiuto;
- presentare la dichiarazione.
In particolare, il rispetto dei criteri è attestato dal produttore tramite una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (ai sensi dell’art. 47 del dpr n. 445/2000), redatta per ciascun lotto di aggregato recuperato prodotto.
Tale dichiarazione dovrà essere redatta utilizzando i format previsti dalla normativa ed inviata all’Autorità competente e all’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, territorialmente competente.
Il produttore dovrà conservarla per 5 anni presso l’impianto di produzione o presso la propria sede legale (anche in formato elettronico) a disposizione di eventuali controlli da parte delle autorità.
Infine, ai fini della prova della sussistenza dei criteri, il produttore di aggregato recuperato conserva per cinque anni, presso l’impianto di produzione o presso la propria sede legale, un campione di aggregato recuperato prelevato, alla fine del processo produttivo di ciascun lotto di aggregato recuperato, in conformità alla norma UNI 10802.
Si tratta, per ogni cantiere, di stabilire con chiarezza il flusso e le responsabilità: l’impresa edile che si occupa della demolizione dovrà annotare sul proprio registro la produzione dei rifiuti che saranno poi inviati all’impianto (se di altra impresa). L’impianto, dopo il recupero, può restituire i materiali recuperati all’impresa per il reimpiego in cantiere accompagnandoli con le dichiarazioni di cui si è fatta menzione.
Per le necessità di contabilizzazione dei rifiuti in ambito DNSH, infine, va chiarito anche come viene gestito il caso in cui ad esempio a fronte di una produzione di 1000 kg di materiale da demolizione l’impianto mobile ne “restituisca” solo una quota parte.
Come descritto, il tema dal punto di vista normativo è ben delimitato: si tratta di definire e chiarire tra le parti i rispettivi adempimenti per evitare – tra le altre cose – pesanti sanzioni ai sensi del D.Lgs. 152/2006.