Gli errori più frequenti

Dall’esperienza di validazione progetti e di assistenza al RUP, abbiamo riscontrato “orrori” molto frequenti che vogliamo condividere sia per i RUP sia per i progettisti, in modo che possano tenerne presente per quanto di loro competenza.

Guida Operativa e schede vecchie

Da ottobre 2022 è stata pubblicata la nuova Guida Operativa, con relative schede. Tutti gli interventi devono quindi essere ricondotti a questa Guida: non è accettabile che dopo diversi mesi, nelle relazioni DNSH si trovino ancora riportati elementi qualificanti relativi a schede superate.

Non si tratta solo di un “vizio di forma”: in alcuni casi le modifiche sono state sostanziali, si pensi alla scheda 2 che inizialmente comprendeva anche le attività di demolizione e ricostruzione, che ora sono nel campo di applicazione della scheda 1: i requisiti di prestazione energetica sono sensibilmente differenti.

E’ anche il caso della scheda 12, sugli impianti fotovoltaici: nella Guida Operativa precedente erano considerati solo quelli con potenza superiore a 1 MW, ora rientrano tutti.

Incompleta individuazione schede

La Guida Operativa è molto chiara:

L’associazione dell’Investimento o della Riforma con una o più Schede si è basata sulle narrative disponibili. Pertanto, le amministrazioni dovranno verificare l’applicabilità ultima delle stesse o l’applicabilità di altre schede al momento non segnalate.

Guida Operativa ed. ottobre 2022 – pagina 10

Ciò significa che sebbene nella “mappatura” siano indicate alcune schede, l’intervento può interessare anche altre attività e le relative schede: è il caso del fotovoltaico (scheda 12) o dei percorsi ciclopedonali accessori (scheda 18).

Allo stesso modo non è corretto indicare una sola scheda, giustificando la scelta in quanto è l’intervento principale (per l’importo ad esempio). Il Recovery Fund finanzia solo interventi che dimostrano di “non arrecare danno significativo all’ambiente” e questa verifica va fatta sull’interezza dell’intervento.

Vaghezza degli adempimenti

E’ necessario dimostrare di “non arrecare danno significativo all’ambiente”, non è sufficiente dichiarare che si farà tutto quanto è previsto o necessario: la relazione DNSH deve comprendere gli elementi necessari a dimostrare il rispetto del requisito.

Gli impegni presi nella fase di auto-valutazione dovranno essere tradotti in precise avvertenze e monitorati dai primi atti di programmazione della misura fino al completamento della realizzazione degli interventi. Ad esempio, è opportuno esplicitare gli elementi essenziali necessari all’assolvimento del DNSH nei decreti di finanziamento e negli specifici documenti tecnici di gara, eventualmente prevedendo meccanismi amministrativi automatici che comportino la sospensione dei pagamenti e l’avocazione del procedimento in caso di mancato rispetto del DNSH. Allo stesso modo, una volta attivati gli appalti, sarà utile che il documento d’indirizzo alla progettazione fornisca indicazioni tecniche per l’applicazione progettuale delle prescrizioni finalizzate al rispetto del DNSH, mentre i documenti di progettazione, capitolato e disciplinare dovrebbero riportare indicazioni specifiche finalizzate al rispetto del principio affinché sia possibile indicare anche negli stati di avanzamento dei lavori una descrizione dettagliata sull’adempimento delle condizioni imposte dal rispetto del principio.

(Circolare n. 32 del 30/12/2021)

Eccesso di adempimenti

Dall’altra parte, in alcuni casi, “per non sbagliare” vengono richiamati elementi che potrebbero non essere necessari.

Il caso classico è relativo alla scheda 5: nella nuova versione ha un campo di applicazione più ridotto e

I requisiti qui elencati non hanno carattere prescrittivo, ove non previsto da normative specifiche, e potranno essere selezionati o meno dall’Amministrazione responsabile come criteri di premialità.

Guida Operativa ed. ottobre 2022 – pagina 108

E’ il tipico caso del Piano Ambientale di Cantierizzazione, richiamato da più schede, “ove previsto dalle normative regionali o nazionali”. In fase di progetto è “facile” scaricarlo sull’impresa esecutrice, ma è un onere ulteriore che nella maggior parte dei casi non è giustificato da alcuna norma ambientale!

Mancanza del report di analisi di adattabilità

Si tratta della vera novità del requisito DNSH: dimostrare che in fase di progettazione abbiamo immaginato l’impatto del cambiamento climatico sul nostro intervento (e non l’impatto del nostro intervento sul clima!).

Si tratta di una richiesta obbligatoria, che non può essere gestita con diciture generiche tipo “il nostro intervento non ha impatti, non subisce impatti, non richiede questo tipo di valutazione…” etcetera.

E’ necessario uno screening dell’attività per identificare quali rischi fisici legati al clima – dall’elenco che si trova anche nella Guida Operativa – possono influenzare il rendimento dell’attività economica durante la sua vita prevista e una valutazione delle soluzioni di adattamento. Molto spesso – senza voler banalizzare il tema – le soluzioni sono già previste dal progetto: alberature per contrastrare l’effetto isola di calore, maggiore isolamento per mitigare l’aumento delle temperature, tetti “freddi”, schermature solari, rubinetti a risparmio idrico… tutti elementi che concorrono anche alle necessità di adattamento.

In molti casi poter approfondire questo tema migliora la qualità complessiva del progetto.

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